Questo blog post prende spunto da un incontro fatto con un amico giusto sabato scorso.
Al suo interno troverai il motivo per cui non puoi assolutamente abusare delle emozioni dei tuoi utenti quando vuoi proporre loro qualcosa o semplicemente quando vuoi arrivare ad un determinato obiettivo.
Inoltre condividerò con te uno schema base per utilizzare al meglio il tuo copywriting, sviluppando la giusta comunicazione per creare un legame solido e stabile tra te ed il tuo pubblico.
In fondo il copywriting non è una lotta per la vendita di qualcosa, ma il primo passo verso un rapporto umano che possa soddisfare un determinato bisogno o necessità.
Iniziamo adesso, ok?
Il problema principale per chi inizia
Sabato mattina con un sole che mi sentivo in estate.
Dovevo recarmi ad un bar in pieno Corso Italia che per chi vive e conosce Catania, la mia città, è una delle location ideali per passeggiare il sabato mattina tra negozi, piccoli bar e sale da tè.
Il giorno prima, dopo aver rifiutato l’invito di un amico a partecipare ad un convegno sulla cultura finanziaria svolto dalla società di assicurazione per la quale ha iniziato a lavorare, scopro che la sua situazione non era delle migliori.
Ha iniziato da meno di tre mesi e non è ancora riuscito a chiudere nessun contratto assicurativo.
Questo significava solo una cosa: non aveva ancora guadagnato nulla.
Questo era un maledetto problema.
È un ragazzo volonteroso, gentile e cordiale di quelli che capita raramente di trovare all’interno dell’ambiente delle assicurazioni.
Una mosca bianca.
Come sempre, lo raggiungo in ritardo ed entro al bar.
Lo trovo seduto ad aspettarmi alle prese con il suo smartphone.
Lui prende una granita (perché sì a Catania le granite iniziano ad essere disponibili anche ad Aprile) io prendo un tè limone e zenzero.
Da qualche tempo infatti, merito della mia ragazza, mi sto avvicinando al mondo del tè e delle tisane.
Ma questa è un’altra storia e sono certo che non stai leggendo questo articolo per conoscere i miei gusti in fatto di tisane.
Torniamo a noi ed al mio amico.
Prima però permettimi di fare un salto temporale al lunedì precedente.
Ti sarà estremamente utile
Hai una sola buona occasione per fare una prima buona impressione
Il mio amico mi invita in ufficio.
Non avevo ancora afferrato il motivo principale di questo invito.
L’avrei scoperto solo dopo.
Arrivo in ritardo anche questa volta, sentendomi parecchio in colpa.
Non amo aspettare gli altri ed odio dover fare aspettare qualcuno.
Sono un tipo piuttosto preciso da questo punto di vista, pur essendo un siciliano doc.
Attraverso la porta d’ingresso e mi ritrovo in un ufficio sterile.
Per quanto qui al sud sia ancora vivo il binomio professionista=ufficio, molto spesso mi imbatto in location che non comunicano nulla.
Non si è ancora capito che non basta utilizzare della vernice e dei mobili bianchi per rendere un ufficio più luminoso e più accogliente.
Lì dentro mi sentivo come se fosse arrivato il mio turno dal medico.
Quindi potrai immaginare quanto fossi agitato.
Il cervello umano funziona secondo degli schemi ben precisi.
Ad ogni colore o luogo associa una emozione ben definita che è molto difficile controllare ed eliminare.
Ad esempio, capita anche a te ti essere nervoso tutte le volte in cui vedi un girofaro in lontananza, convinto che sia quello di una ambulanza per poi scoprire essere quello di un cancello automatico?
Sono sicuro di sì.
A differenza di quello che si pensi, il nostro cervello risponde agli stessi segnali di sempre.
Così anche io una volta entrato in quell’ufficio ero un pò nervoso e sicuro che di lì a poco avrei iniziato una guerra comunicativa.
Saluto il mio amico vestito di tutto punto.
Giacca, camicia e cravatta.
Io ho abbandonato da molto tempo questo genere di abbigliamento ed il motivo è molto semplice.
È finito il periodo del dress code lavorativo.
Ciò che conta ormai, sono i risultati che un professionista riesce a sviluppare.
Quindi non mi importa più di tanto di confrontarmi con persone in smoking o in tuta.
Quello che mi interessa sono le loro esperienze ed il loro risultati.
Ma capisco che in certi contesti, certe regole arrivino in netto ritardo.
Il mio amico mi presenta il suo superiore.
Sarebbe stato lui a reggere le fila del nostro incontro, ma io non lo sapevo ancora.
Riesco ad osservare all’interno degli uffici e trovo una situazione alla quale ero abituato anche io fino a qualche tempo fa.
Scrivanie e scrivanie riposte alla meno peggio pur di ottimizzare gli spazi.
Uffici del genere sono ormai una costante, non solo al sud.
La storia dell’ottimizzazione degli spazi è probabilmente una delle bugie più grandi del mondo del lavoro.
Mi chiedo come sia possibile lavorare in mezzo a tutta quella gente intenta a fare altro.
Mi chiedo quanto possa essere difficile restare concentrato mentre il tuo collega risponde al telefono e l’altro completa il bilancio di fine mese.
Probabilmente queste sono domande che non troveranno mai risposta.
Ma torniamo al mio incontro.
Mi fanno accomodare in una sala più grande, piena di quelle classiche sedie da corso intensivo.
Hai presente quelle con il tavolino, no?
Ecco.
La stanza ne era piena, davvero.
La mia agitazione aumentava, ma per fortuna ho imparato a mostrare determinate emozioni il meno possibile.
La nostra chiacchierata ha inizio.
Come bruciare tutto al primo incontro
Il superiore del mio amico prende il suo iPad ed inizia a mostrarmi cosa sarebbe accaduto di lì a poco.
“Faremo un gioco insieme e non dovrai assolutamente decidere niente adesso ed io non ti proporrò nulla oggi, poi se vorrai potrai tornare qui e decidere insieme a noi cosa prendere in considerazione.”
Questa è stata la frase con la quale ha iniziato.
Detto tra te e me: hai mai sentito qualcuno lavorare e perdere tempo nello stesso momento?
Neanche io.
Nessuno lavora per perdere tempo, ma per arrivare ad un obiettivo ben specifico.
Tra poco ti mostrerò qual era l’obiettivo del superiore del mio amico.
Iniziamo a parlare del più e del meno.
Mi chiede quale sia il mio lavoro ed io rispondo in modo preciso e più completo possibile.
Non era quello il momento di ampliare i confini del mio lavoro o avrei dato troppi dettagli utili.
Sono convinto che quando certe “chiacchierate” iniziano con un fine ben preciso non sia conveniente condividere troppi dettagli del proprio lavoro e della propria vita.
Come sai anche tu, tutti sanno ciò che siamo e cosa facciamo e tutti hanno accesso ai nostri dati.
Basta mettere qualche like su Facebook o su Instagram per diventare possibili clienti di servizi o prodotti affini ai nostri gusti personali.
Io sono consapevole di tutto questo.
Così ho deciso di non dire più di ciò che serviva.
Sì lo ammetto, mi sentivo come se fossi all’interno della scena di un telefilm poliziesco americano dove il poliziotto buono e quello cattivo fanno a cambio, chiedendomi dove sia stato nelle passate 48 ore.
Così gli parlo del mio lavoro e dei miei obiettivi.
Iniziano a parlarmi dell’importanza di una pensione e dell’importanza di accantonare una determinata quantità di denaro in un fondo pensionistico.
La mia risposta in questi casi è ormai la stessa da molto tempo.
Piuttosto che risparmiare, preferisco investire in qualcosa che mi generi un guadagno più che proporzionale.
So che questa risposta potrà sembrarti superba o priva di fondamento, ma lascia che ti spieghi.
Siamo cresciuti all’interno di una società in cui il risparmio è l’obiettivo ultimo a cui puntare.
E su questo sono d’accordo.
“Ma Rocco, non hai appena detto il contrario?”
Sì ma dammi solo 5 minuti per spiegarti meglio.
Cosa è il risparmio per me?
Il nostro rapporto con il denaro è connesso al DNA.
Le nostre azioni ed i nostri comportamenti sono frutto dei nostri antenati.
Prova a riflettere solo un attimo.
Gli uomini dell’età della pietra andavano spesso a caccia per poi conservare le provviste in vista degli inverni rigidi o di particolari calamità a cui non potevano sfuggire.
Dovevano essere preparati a tutto.
I nostri nonni ad esempio hanno vissuto gli anni delle Guerre Mondiali e queste esperienze li hanno formati, facendoli diventare dei risparmiatori.
“Non sai cosa può succedere domani”.
Me lo diceva sempre mia nonna Sara.
Col tempo, soprattutto grazie ai libri che ho letto durante questi ultimi anni (come quelli che trovi all’interno della mia Biblioteca), posso assicurarti che questa è una mentalità completamente errata.
Non siamo più a rischio guerra o calamità naturali.
Almeno non lo siamo più dei nostri nonni o dei nostri antenati.
Quindi non ha più alcun senso risparmiare ingenti quantità di soldi o conservare oggetti antichi piuttosto che investire parte dei nostri risparmi.
Come puoi capire adesso, sono convinto che parte dei soldi che percepiamo debbano essere spesi per generare altre fonti di guadagno.
Non è una visione cinica e rivolta alla pura materialità.
Semplicemente, siamo una generazione che sta lottando per una pensione che probabilmente non arriverà mai.
Siamo il popolo del va bene così.
Io credo invece che la mia pensione sarà frutto di investimenti fatti adesso verso qualcosa di solido come l’acquisto di una o più case da affittare, come l’investire in fondi che nel corso degli anni aumenteranno il valore dei soldi versati oggi.
I soldi sono uno strumento, non il fine.
Come leggevo nel libro Padre Ricco Padre Povero, bisogna imparare a fare in modo che siano i soldi a lavorare per noi e non il contrario.
Capisci adesso cosa sia per me il risparmio?
Torniamo al mio incontro con l’agente assicurativo.
Non si può ricorrere sempre agli stessi schemi
La nostra chiacchierata continua ed arriva la domanda che avrebbe dato inizio alla guerra.
“Tu lavori in casa o in ufficio?”
Da più di un anno ormai, ho abbandonato un ufficio.
Il 60% del mio lavoro lo svolgo da casa.
Non ho bisogno di un ufficio enorme o di uno piccolo.
Mi basta il mio Macbook ed una connessione ad internet ed ovviamente qualcuno che come te mi dedichi parte della sua giornata per leggere quello che scrivo.
Ovviamente non sto dicendo che chi abbia un ufficio sia un povero pazzo.
Ognuno ha la sua visione del lavoro.
Io ed il mio Team preferiamo lavorare da casa o magari lavorare in un bar mentre sorseggiamo del tè o mangiamo una buona granita.
Non è il luogo che fa il professionista ma l’esatto opposto.
I migliori contratti li abbiamo chiusi proprio al bar dopo il primo caffè.
Rispondo al superiore del mio amico dicendo che lavoro da casa.
Da questo momento in poi, lui mette in modo il suo schema preferito: utilizzare la paura futura.
“Sai che il 30% degli incidenti avvengono proprio dentro casa?”.
Non te lo nascondo.
Questa domanda provocatoria mi ha spiazzato.
Se fino a quel momento avevo avuto la sensazione di essere in un logo poco neutrale e creato appositamente per aumentare l’agitazione delle persone, adesso ne ero pienamente convinto.
Lui avrebbe giocato con le mie emozioni e con le mie paure.
Per fortuna, sono un copywriter ed utilizzare le emozioni e le paure fa parte del mio lavoro.
Sapevo già in partenza che non avrebbe vinto ma al tempo stesso mi sono posto una domanda precisa.
Se al mio posto ci fosse stato un ragazzo diverso? Se al mio posto ci fosse stato un professionista meno informato? Come sarebbe andata a finire?
Così ho finto di essere ciò che non ero, continuando la conversazione.
Lui ha continuato con il suo schema, raccontandomi di quante persone non pongano attenzione al loro futuro, soprattutto ad una possibile morte prematura o ad un incidente di qualche tipo.
Giocava con il mio futuro e con le mie paure, generando in me la voglia di proteggermi dal male che stava fuori da quell’ufficio.
In realtà è stato capace di generare solo una emozione specifica: quella opposta.
Volevo solo alzarmi ed andare via da quell’ufficio.
Ricorda sempre: a nessuno piace parlare della propria morte o di un ipotetico incidente.
Siamo consapevoli del fatto che il cervello umano davanti a casi dal forte peso emotivo ragiona seguendo un pensiero molto frequente.
A me non capiterà mai di fare la sua stessa fine….
A me non capiterà mai di fare un incidente in macchina, io guido in modo prudente.
Di esempi simili potrei farne all’infinito ma sono certo che tu abbia colto il senso di queste parole.
Ci allontaniamo alla velocità della luce da determinate situazioni con le quali non vogliamo entrare a contatto.
La stessa dinamica stava accadendo in quell’ufficio.
Ma qual era l’obiettivo del superiore del mio amico?
Costringermi a riflettere su tutte le possibili cause negative della mia vita e tornare da lui per mettermi al sicuro.
Ma così non è stato, purtroppo.
Ma com’è andata a finire?
Cosa ho confidato al mio amico al bar?
Quello che sto per confidare a te.
Non puoi giocare con le emozioni delle persone
La comunicazione soprattutto in certi contesti è più affilata di un rasoio.
Basta una parola sbagliata per tagliare tutto in modo netto.
Così è stato per il supervisore del mio amico.
Lui è solito applicare questo stesso schema, cambiandone solo l’intensità.
Lascia che ti dica come la penso…
Credo che se tutti comunicassimo utilizzando lo stesso schema del superiore del mio amico, avremmo smesso di parlare tra noi da secoli ormai.
Utilizzare le paure di altre persone, come la paura di morire o di avere un incidente non farà altro che allungare la distanza tra noi e le persone che ci ascoltano.
La comunicazione è creazione di un rapporto, non generazione di paure.
Il copy non è persuasione ma conversazione.
Possiamo mostrare alle persone cosa scegliere ma non forzarle a scegliere ciò che conviene a noi.
Proprio per questo trovo davvero sbagliato utilizzare determinate paure per arrivare all’obiettivo.
Questo è il problema per il quale il 90% dei Guru vengono visti come dei ladri dagli utenti.
Promettono qualcosa che non possono darti, giocando con le tue paure.
Cosa accadrebbe se ti svegliassi povero e senza un soldo domani mattina?
Cosa faresti se la banca ti inviasse una lettera contenete una multa da 100Mila euro e tu non avessi alcun modo per difenderti?
Cosa faresti se ti ritrovassi da solo?
Tutte queste frasi hanno un solo scopo: aumentare la paura del tuo futuro e spingerti a comprare.
Comunicare è una pratica lontana anni luce da questi sporchi esempi di copywriting persuasivo che ormai non funzionano più su nessuno.
Le persone non sono stupide e non lo sono mai state.
Non smetterò mai di ripeterlo.
Il copywriting non è costringere ma invitare.
Il copywriting non è uno schema che puoi utilizzare su tutti.
La comunicazione scritta ed orale è un concetto dinamico che va adattato sulle persone, non imposto alle persone.
“Ma come avresti gestito la chiacchierata se fossi stato al suo posto?”
Ho scritto questo post proprio per rispondere a questa domanda.
Conosci il prossimo meglio di te stesso
Fossi stato io al posto del supervisore del mio amico, avrei prima di tutto proposto al giovane imprenditore o professionista qualcosa di davvero utile per il suo lavoro.
Gli avrei detto qualcosa del genere:
“Magari potresti valutare l’idea di mettere anche un 10% di ciò che guadagni nel nostro piano di fondi che nel giro di 12 mesi potrebbero generarti un ritorno sull’investimento del 5%. Sarebbe una bella cifra da investire in altre attività, senza spendere davvero un solo euro di tasca tua, non pensi?”.
Riesci a notare la differenza?
Ho proposto qualcosa di davvero utile alla persona che avevo di fronte e non ho giocato su paure classiche del tipo:
“Beh sai che in Italia più del 70% delle Aziende falliscono prima dei 5 anni? Non credi di dover essere preparato?”.
Cosa avresti risposto tu ad una domanda del genere se fossi stato al posto del giovane imprenditore?
Avresti mandato al diavolo l’agente assicurativo!
Con quale cognizione di causa una persona che non conosciamo si può permettere di prospettare un fallimento assicurato della tua Azienda?!
Ciò che voglio dirti è che comunicare facendo leva sulle emozioni delle persone che leggono ciò che scrivi o che ascoltano ciò che dici è un gioco molto pericoloso che non tutti possono portare a termine.
“Ma come si riesce allora?”
Continuando a studiare il tuo pubblico.
Ricordi il post nel quale ti chiedevo se conoscessi il tuo pubblico?
Se parli per tutti, non parli per nessuno.
Non puoi sperare di fare centro nelle mente dei tuoi lettori o dei tuoi prossimi clienti se li reputi tutti uguali e se usi lo stesso messaggio con tutti.
Ti piacerebbe poter avere uno schema funzionante dal quale partire?
So che sembra una domanda banale, ma rispetto molto il tuo parere in merito e certamente non scrivo per passare come tuttologo ai tuoi occhi.
Quindi sappi che le prossime righe riportano uno schema in tre fasi che potrai applicare come struttura principale che dovrai poi sviluppare a seconda del pubblico con cui deciderai di comunicare.
Ma ci tengo a sottolineare una cosa prima di passare oltre.
Questo è solo uno schema di base, non un principio che potrai utilizzare senza rifletterci sopra.
Dopotutto non puoi parlare allo stesso modo con tutti, ricordi?
3 passi per comunicare e scrivere bene
Ci sono delle regole ben precise per scrivere e per comunicare con una determinata persona o con un determinato pubblico.
Per fortuna, aggiungo.
Non possiamo essere dei marinai in balia del mare.
Quando parliamo di copywriting e di comunicazione, non possiamo affidarci a schemi antichi o a pratiche che copiamo da altri.
Tu non sei la persona che vuoi copiare.
Tu sei tu e la tua comunicazione deve rappresentarti, sempre.
Avere ben chiaro il CHI
Il primo passo per costruire la tua comunicazione in modo coerente e funzionale è comprendere con chi vuoi comunicare.
Devi imparare a conoscere il tuo pubblico e le sue abitudini.
Tempo fa, come ho raccontato su LinkedIn ho utilizzato una frase di un libro che sto leggendo.
Il libro del quale parlo lo trovi all’interno della mia Biblioteca.
All’interno della frase che ho citato l’autore scrive una frase ben precisa:
“Tu sei il tuo prodotto”.
Per quanto possa sembrare banale come affermazione, trovo che sia molto profonda.
In fondo non siamo noi stessi il risultato del successo o del fallimento del nostro progetto imprenditoriale o del nostro prodotto?
Quante volte avrai acquistato qualcosa solo perché la persona che te lo ha proposto aveva saputo mostrarti i lati positivi?
Quante volte invece hai rifiutato l’offerta perché la persona aveva usato un approccio fin troppo aggressivo?
Questi due scenari sono più frequenti di quanto sembra.
Proprio per questo motivo ti invito a comprendere prima con chi tu voglia parlare e quale particolare nicchia di utenti sia perfetta per il tuo prodotto o servizio.
Avere questa consapevolezza ti permetterà di studiare la migliore comunicazione possibile ed oltretutto ti consentirà di investire il tuo denaro secondo una strategia corretta e concreta.
Non puoi correre il rischio di bruciare tutto il tuo budget solo perché non sai a chi stai parlando.
Donare tutto ciò che hai
Il secondo step per creare una comunicazione efficace è donare tutto ciò che hai e condividere tutto ciò che hai.
Devi diventare come San Francesco, rinunciando alla proprietà.
Non trovo esempio migliore per permetterti di capire nel miglior modo possibile cosa intendo dirti.
Come spesso mi capita di ripetere, l’era dei segreti è finita da un pezzo e chi pensa il contrario è solo qualcuno che non ha dimostrato di avere le competenze che afferma di poterti vendere.
Devi imparare a condividere ciò che sai, senza paura di furto intellettuale ed il motivo è semplice.
Il risultato di una idea dipende da tre fattori ben precisi:
Idea (70%) + Tecnologia (29%) + Esecuzione (1%)= Risultato
Ti invito a chiederti quale dei seguenti fattori giochi un ruolo fondamentale per arrivare al risultato.
Esatto, l’esecuzione.
Possiamo avere le idee migliori di sempre, unite alle tecnologie più sviluppate che la mente umana possa immaginare ma senza l’esecuzione siamo destinati a fallire.
Per quanto questo singolo 1% sia niente in confronto alle altre percentuali, è il tassello mancante di moltissime idee mai andate in porto.
Capisci bene come sia facile quindi poter condividere ciò che sai con le persone che conosci e quanto basso sia il rischio che qualcuno possa rubare la tua idea e la tua tecnologia senza avere la minima idea di come poter sviluppare un determinato progetto.
Ma anche nel caso in cui qualcuno possa rubarti via tutto, ti ricordo di sorridere.
Avrai qualcuno da raggiungere o qualcuno con il quale confrontarsi e senza confronto non c’è evoluzione.
Condividere valore gratuitamente con il tuo pubblico non potrà fare altro che aumentare la tua autorevolezza ai loro occhi e non per ottenere qualcosa in cambio.
Tutti vogliamo avere qualcosa gratis e siamo contenti di ottenerla quando lo resta per davvero.
Sono sicuro che ti sarà capitato di iniziare un determinato percorso per poi renderti conto che il vero significato del corso fosse oltre un pagamento PayPal, non è vero?
Cosa hai pensato dopo aver capito di non poter acquistare il corso?
“Magari non è così interessante come immaginavo”
“Costa troppo! Sono sicuro che troverò qualcosa gratis su Google”
Ciò che accade subito dopo è che il professionista di 5 minuti prima, diventa il nuovo GURU del momento perdendo credibilità ai nostri occhi.
Per questo non devi smettere di condividere ciò che sai, trasformando le informazioni in valore gratuito per il tuo pubblico.
Solo dopo aver stabilito un rapporto di fiducia con il tuo pubblico potrai pensare a monetizzare ciò che sai.
La parte migliore è che tutto questo avverrà in modo naturale e spesso sarà il pubblico stesso a chiederti di creare qualcosa di più strutturato da poter acquistare perché ciò che hai condivido fino ad ora con loro non è abbastanza.
La fiducia è una delle armi più forti del marketing ed al tempo stesso più fragile.
Sarà tuo compito mantenerla sempre forte e salda.
Quindi, inizia a condividere ciò che sai e fallo il più possibile.
Condividi per risolvere, non per possedere
Non puoi condividere senza avere un obiettivo preciso.
Così come non puoi comunicare con tutti, non puoi condividere con tutti.
“Ma tu hai appena detto che devo condividere tutto ciò che so con tutti!”
Certo.
Quando parlo di “tutti” però, faccio riferimento a tutto il pubblico che tu hai definito nel primo step.
Non posso condividere informazioni su come sturare un lavandino ad un pubblico di appassionati di giardinaggio.
Riesci a capire la differenza?
I tuoi contenuti devono risolvere un problema ben definito.
“Ma quale problema dovrei risolvere?”
Quello del pubblico che hai scelto.
Magari, riprendendo l’esempio del lavandino potrei condividere una tecnica per sturarlo ad un pubblico di amanti del fai da te o di idraulici alle prime armi o con delle casalinghe che devono badare alla propria casa risparmiando qualche euro in più ogni mese.
Capisci come anche la condivisione non sia qualcosa fine a se stessa?
Ma tutto nasce dal chi, dalla condivisione e dalla risoluzione di un problema ben specifico.
Senza un chi, tutto il resto non ha il minimo senso.
Ricapitoliamo
Probabilmente questo è l’articolo più lungo che abbia scritto fino ad ora, ma ci tenevo a raccontarti per filo e per segno ciò che mi è successo, rendendoti partecipe della mia analisi e dei consigli che ho condiviso con il mio amico.
Proprio per la mole di parole che ho scritto, ci tengo a farti un piccolo riassunto dei 3 step per comunicare al meglio, ti va?
Per comunicare al meglio devi:
- Trovare il tuo CHI
- Condividere senza paura
- Dare informazioni che risolvano il problema o i problemi del tuo CHI
In fondo, tre passi sono semplici da ricordare no?
Ma lo ripeto ancora una volta però: questo è uno schema che va sviluppato non imposto.
È una differenza molto sottile ma che può cambiare completamente le carte in tavola.
Conclusione
Siamo giunti alla fine di questo articolo dove ti ho mostrato come non devi utilizzare le emozioni degli altri a tuo vantaggio e come soprattutto poter costruire una struttura da sviluppare con la quale realizzare una comunicazione che lasci il segno.
Noi ci leggiamo alla prossima.
P.s. Nessun agente assicurativo è stato maltrattato e sono convinto che il mio sia stato solo un caso.
Un grande abbraccio,
Rocco.